Inaugurata la bella e significativa installazione di Massimo Poldelmengo, nel cuore dell’antica vigna dei Vignai da Duline, in occasione della presentazione delle bottiglie del Pinot nero 2009
“L’impronta del XVI” è quella recentemente lasciata dall’artista Massimo Poldelmengo nel cuore di Ronco Pittotti, sulle bellissime colline a Nord di Manzano (Udine).
Il Ronco, con i suoi gradoni estesi ad anfiteatro naturale per 6 ettari, tra boschi e sentieri, è coltivato da Federica Magrini e Lorenzo Mocchiutti, titolari dei Vignai da Duline, secondo le regole dell’agricoltura “dolce”, biologica. Lorenzo ha restaurato una ad una le viti e ha posto un’attenzione particolare ai 16 filari di Pinot nero.
Mancava, però, un luogo di sosta e presentazione, una sorta di tavolo, un “altare profano” per gustare assieme agli ospiti un buon bicchiere del vino prodotto nell’antico Ronco.
Così, secondo il professor Gian Paolo Gri, antropologo dell’Università di Udine che ha letto la sua relazione durante il rito dell’inaugurazione dell’installazione di Poldelmengo, svoltasi sotto un cielo di nubi minacciose alla presenza dell’assessore comunale, Lorenzo Alessio; dello storico dell’arte, Fulvio Dell’Agnese e di tanti amici e collaboratori dei Vignai da Duline; l’artista ha creato una struttura di ferro altamente simbolica, “una sorta di umbelicus loci che, trattandosi di vino, non poteva che assumere forma e funzione di mensa emergente dalla vigna, per un consumo da condividere”.
«Con questo rito abbiamo voluto celebrare un luogo assai significativo per la nostra azienda e la comunità in cui è attiva – sottolinea Federica Magrini -. Una sorta di vendemmia culturale, dopo quella dei grappoli del nostro prezioso Pinot nero le cui bottiglie, annata 2009, tra poche settimane saranno disponibili per la prima volta sul mercato. Con “L’impronta del XVI”, anche il processo artistico entra nei processi vinicoli incrociando, con pari dignità di senso, linguaggi diversi».
Per celebrare il Pinot nero, orgoglio di Ronco Pitotti, Poldelmengo ha ideato un tavolo metallico sostenuto da una piramide rovesciata con il vertice conficcato nel terreno e la base d’appoggio composta da un quadrato di quadrati: 16 filari, un numero intagliato in una piastra quadrata per ciascun filare e le piastre interrate in vigna, per quattro stagioni, a impregnarsi delle specificità dei terreni, ora estratte, assemblate e collocate sull’”altare” rugginoso di humus, ben visibile a tutti lungo il percorso campestre del “Sentiero della Sdricca”. Un punto di natura rigida, ma viva, in continuo mutamento, dunque, come i vini che qui si producono.