Stagflazione? Austerity!

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Non v’è incubo peggiore, per un economista, della stagflazione, definita da alcuni come “il rumore che fa l’economia mondiale quando si scontra con un muro”.

Stagflazione: brutta parola, anche buffa, se non fosse che, ironia della sorte, a questo punto della Storia -proprio quando ci viviamo noi!-, un coro di imprenditori, politici, giornalisti, professionisti e sindacalisti decreta di attraversare una pesante fase di stagflazione.

Quel che da tanti mesi veniva presentato come segnale di ipotetica recessione sì è tramutato nel suo ibrido peggiore: combinazione dei termini stagnazione ed inflazione, indica la situazione nella quale sono contemporaneamente presenti sia un aumento generale dei prezzi (inflazione) che una mancanza di crescita dell’economia in termini reali (stagnazione economica).

Significa: pochi soldi in tasca e tutto costa sempre di più.

Presentatosi per la prima volta alla fine degli anni sessanta, il fenomeno fu spiegato col prevalere di comportamenti di monopolio sia nel mercato del lavoro (per la rigidità dei salari), che in quello dei prodotti per la presenza di cartelli (in special modo nei mercati delle materie prime), un po’ come nella situazione attuale.

Rispetto all’ ”edizione“ precedente, la fase di stagflazione odierna verrebbe mitigata dalla mancata rincorsa prezzi/salari, ovvero dal fatto che ad un aumento dei prezzi, sopratutto petrolio e materie prime, non corrisponde automaticamente una salita dei salari/compensi.

Si dice che questo aspetto, pur contraendo i consumi e quindi la crescita, sia positivo…

Sarà..: sta di fatto che è come fossimo spettatori ed interpreti di un teatrino in cui gli attori si affannano per tutto lo spettacolo a fare benzina, consumandone sempre più e pagandola sempre più cara.

La benzina non è più strumentale a vivere per qualcosa ma diviene quel qualcosa stesso e le autorità monetarie fanno trasparire una certa preoccupazione.

Alcune valutano che le responsabilità siano da imputare primariamente all’inflazione, divengono intransigenti e perseguono l’inflazione in eleganti e rumorose battute di caccia alla volpe…

Alcuni inascoltati economisti propongono di investire di più in quelle tecnologie che ci permettono di risparmiare sulla domanda di materie prime e di aumentare l’offerta di energia rinnovabile e di raccolti agricoli ad alto rendimento. Anche Don Chisciotte pensava ai mulini a vento…

Altri opinionisti radicali sentenziano che andrà solo peggio e che la prossima fase dello sviluppo economico sarà l’Austerity, ossia tutti a piedi o in bicicletta, tanta acqua fredda e poca luce..

L’Apocalisse è alle porte?

I dati ufficiali di crescita (o di decrescita) non sono convincenti: la crisi c’è e la si percepisce più pesantemente di quel che i numeri delle banche centrali e degli istituti statistici facciano trasparire.

Tra grafici e deliri la situazione è dubbia e l’evoluzione incerta: l’indebitamento delle famiglie cresce ma contestualmente è cresciuta l’occupazione; aumenta vertiginosamente il prezzo della benzina ma la Ferrari dichiara un fatturato vertiginoso, record storico della casa automobilistica.

L’Austerity è dietro l’angolo ma probabilmente non toccherà tutti.

Sarebbe opportuno, e sono anni che lo si sente dire, da destra a sinistra, introdurre una sana austerità nella falla più grande del sistema economico: la “cosa pubblica”.

Ma a conti fatti e a guardarsi intorno, anche nel più piccolo contesto locale, l’esercito di amministratori, politici, funzionari e dirigenti segue più gli schemi di “Cosa Nostra”: smania di potere, egoismi individuali, servilismo, manovre occulte e sete di denaro.

Ma questo è un commento etico e l’etica, ai giorni nostri, non va di moda.

Tommaso Botto

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