Nippon love, un sogno in giapponese

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Shiro aveva fatto le ore piccole, mangiando Sushi e Sashimi, in un giardino, giapponese, nel centro di Osaka.

amore giappone
S’era attardato ancora con gli ultimi prelibati Sake, in un localino vicino all’area portuale; s’accorse in tempo che ne aveva bevuti parecchi, tanto che non riprese la sua Kawasaki ma rientrò comodo-comodo sulla Honda di un amico sobrio.

Ora se ne stava a casa, sul suo tatami rosso, disteso a faccia in su, pensando a quella geisha che in ultimo gli aveva fatto l’occhiolino. Gli era rimasto impresso quello sguardo: gli aveva creato un fremito, esprimeva una profonda e sinuosa intesa. Almeno così gli parve.

Gli amici lo presero in giro,.. e tutti ci scherzarono sopra. A un certo punto Shiro si sconfortò, pensando a Mitzumi, suo grande osteggiato amore. Pensò che gli ostacoli erano tanti e forse insormontabili: perse vigore e volle rientrare, comunque allegro, senza strafare.

Ora stava a casa; solo e beato faceva i conti col giorno passato e programmava quello a venire: tanto aveva due ore, dormire compreso! Proverbiali ritmi nipponici! Però stava bene, riusciva a nascondere il magone di fondo.., merito del Sake!

Favoleggiando fiabescamente s’aiutava a dormire, lì disteso sul tatami a prendere il fresco, in mezzo ai tanti giovani bonsai.

Non dormiva, stava nello Zen che precede il sonno: osservava a tratti le ombre della katana ,degli avi Shogun, appesa alla parete e sognava la geisha dei “digestivi” sulla copertina dei manga più ricercati.

Liberamente dava sfogo alla sua fantasia, amalgamava il vissuto col presente e con i sogni, pensava a ciò che voleva, a ciò che gli faceva piacere, sottraendosi a quella filosofia del sudoku, che tanto lo faceva sentire un kamikaze, se non addirittura un tamagotchi, in quel mondo di ninja e samurai.

A volte s’innervosiva per quei ritmi di vita e prendeva a deprimersi; altre volte lo agitava un pensiero: come in un teatrino, in un modernissimo karaoke, si trovava a recitare la sua parte che, sinora, non era mai stata da protagonista, tutt’al più da comparsa. Però fiutava odore di successo, di ambizioni realizzate e di fulgide certezze.

E questi pensieri (“sarebbe bellissimo…”) aiutavano Shiro ad assopirsi…

Aspettava l’ispirazione per spostarsi sul futon: anziché le pecore contava gli Yen che aveva speso, calcolando quanto gli restava in tutto. Non era certo il caso di far harakiri: s’eran visti tempi ben peggiori.. stava dignitosamente..

Si stava assopendo,.. quando.. udì uno scricchiolio… e, d’improvviso lo scosse il fragore d’uno tsunami

Salì in piedi, avvolgendosi felinamente nel lenzuolo, quasi fosse un mutandone da sumo; non esitò e si lanciò verso la porta scorrevole pensando “Banzai!”.

Ma.. si immobilizzò, scorgendo Mitzumi al di là del paravento: improvvisamente apparve… era lei, che attendeva timida sulla soglia, intrigante e sensuale. Qual magnifica sorpresa!

Shiro risentì lo tsunami e s’accorse.. ch’era il suo cuore che batteva!

Si lanciò verso di lei e, con mossa di karate, le sferrò un bacio.

Lei sorrise; rispose col judo e si slacciò il kimono.

La rugiada accarezzò i fior di loto.

(Arigato)

Tommaso Botto

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