Muore nel 1979, perizia CTU nel 2015: “Non sarebbe sopravvissuto nel medio-lungo termine”

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La Giustizia farà il suo corso” è la solita frase di circostanza: ma in quanto tempo?
Questo è un caso palese di malasanità ma la tempistica giudiziaria appare ancor più tragica.

causa solina trincas 2015

Vi scrivo a nome della mia famiglia, per un’ingiustizia che oramai va avanti da 36 anni.
A causa della negligenza di un medico, il 26 Gennaio 1979, mio padre Gerolamo Solina, di anni 39, docente di matematica presso un istituto superiore, è morto lasciando mia madre vedova e i suoi 3 figli (10, 8 e 5 anni)”: è l’incipit di un’amara lettera che ci scrive Mirko Solina, uno dei figli di Gerolamo.

Ci riassume così la vicenda:

Trentasei anni fa (!) mio padre si reca al Pronto occorso dell’ospedale civile di Cagliari lamentando fame d’aria e dolori al braccio sinistro. Viene rimandato a casa senza aver effettuato alcun elettrocardiogramma, in quanto gli viene diagnosticata una ‘nevralgia intercostale’.
Poche ore dopo muore di infarto davanti agli occhi di mia madre e di noi figli!
Dopo lunghe ed estenuanti udienze, solo nel 1988 il Tribunale Penale di Cagliari ha ritenuto colpevole di omicidio colposo Franco Trincas, all’epoca medico presso l’Ospedale San Giovanni di Dio (x USL n. 21), in prima istanza e successivamente in Appello (1989) – e Cassazione (1990), ma non sì è proceduto per intervenuta prescrizione”.

L’estenuante trascorrere del tempo ha contraddistinto questa vicenda giudiziaria, dal suo inizio (dai quindici giorni di tempo intercorsi dai primi sintomi d’infarto, purtroppo ignorati, del Solina, fino al suo decesso), sino ai giorni nostri, quando ancora non si è posta la parola ‘fine’ su questa tragica storia nella sua dimensione giudiziaria.
Leggendo gli atti processuali si scopre, ad esempio, che il medico che visitò il paziente al Pronto Soccorso dell’Ospedale San Giovanni di Dio, Trincas Franco, venne formalmente interrogato il 27/05/1988, oltre nove anni dopo il decesso di Gerolamo Solina…

Prosegue Mirko: “Nell’agosto del 2008 c’è finalmente una sentenza di primo grado (trent’anni dopo!!!) del Tribunale Civile di Cagliari, che condanna sia medico che la ASL come coobbligata, ad un risarcimento ad ogni erede.

Infatti, con sentenza n. 2656/08, il Tribunale di Cagliari ha condannato la Gestione Stralcio Liquidatoria della USL 21 ed il dottor Franco Trincas, in solido tra loro, al risarcimento del danno richiesto dagli eredi, nonché degli interessi legali e delle spese del procedimento.

Il medico e la ASL, non soddisfatti, decidono di fare ricorso e chiedere la sospensione del risarcimento.
Il giudice incaricato accoglie la loro istanza di ricorso e fissa l’appello per il 2013, ma condanna entrambi al pagamento di un quarto della cifra stabilita dal Giudice del Tribunale Civile.
Non contenti, medico e ASL fanno reclamo al Collegio per ottenere la totale sospensione del pagamento, ed anche in questo caso il Collegio non solo non concede la sospensiva ma decide per l’erogazione della metà della somma stabilita in primo grado, sottolineando la grave perdita avuta dai figli in tenera età”.

Nel mentre, la paradossale vicenda assume il sapore amaro della beffa: Franco Trincas, il medico considerato responsabile della morte di Solina, viene nominato, nell’aprile 2009, Direttore Generale dell’assessorato alla Sanità della Sardegna. “Un paradosso!!!”, commenta sdegnato Mirko che chiede: “Quanto dobbiamo aspettare per avere Giustizia?”
Purtroppo devono ancora aspettare.

Nell’aprile del 2013 inizia infatti il processo d’appello, come spiega Mirko: “Non essendoci elementi nuovi, la corte dichiara di dover depositare la sentenza, la legge prevede che abbia 60 giorni di tempo per depositarla ma stabilisce questo termine come non perentorio, il che significa che è a totale discrezione del giudice, a noi non rimane che aspettare, sperando ogni giorno che possa essere quello decisivo”.
Prosegue Mirko Solina: “Aspettiamo 14 mesi, ma anziché depositare la sentenza, la corte decide di nominare un consulente che stabilisca se mio padre sarebbe morto ugualmente in caso di ricovero”.

Si, proprio così, il 9 Aprile 2015 la 1° Sezione Civile della Corte d’Appello di Cagliari emette questa ordinanza: “Esaminati gli atti della causa, dica il Consulente se una diagnosi tempestiva della patologia acuta in atto e l’immediato ricovero ospedaliero avrebbero reso il superamento della crisi cardiaca più probabile dell’esito infausto verificatosi nella specie, avendo riguardo agli strumenti terapeutici esistenti all’epoca dell’evento (gennaio dell’anno 1979)”.

Mirko non va per il sottile, esasperato da quest’ennesimo protrarsi dei tempi di giustizia: “Questa decisione ci lascia basiti, perché avviene dopo 14 mesi e perché riteniamo totalmente inopportuna visto che il medico è stato condannato per aver sbagliato la diagnosi, la cosa che ci lascia ancora più perplessi è che il medico nominato CTU dalla corte è un primario di cardiologia dell’ospedale più importante di Cagliari, riteniamo questo quanto meno discutibile ma non ci siamo opposti perché altrimenti sarebbero passati chissà quanti altri mesi”.

E il dottor Maurizio Porcu, direttore della Struttura Complessa di Cardiologia dell’ospedale Brotzu di Cagliari, consegna nei giorni scorsi la sua relazione, con la quale afferma che le possibilità che Gerolamo Solina si salvasse sarebbero state comunque remote anche in caso di ricovero, “quasi sostenendo che mandarlo a casa, farlo guidare, rassicurarlo con una diagnosi sbagliata, era giustificabile”, sbotta Mirko.

In effetti, le conclusioni del Porcu sono agghiaccianti.

La perizia parte da premesse che sintetizzano l’indolente negligenza delle strutture sanitarie:
“…immediatamente dopo il paziente venne dimesso con diagnosi di nevralgia intercostale…”;
“Non risulta che neanche nel corso della visita eseguita al Pronto Soccorso fosse stato eseguito un ECG o che il paziente fosse stato avviato verso una consulenza cardiologica”;
“Tale patologia non venne, per certo, riconosciuta al momento della valutazione eseguita sia presso la Casa di Cura di Quartu, che al Pronto Soccorso dell’Ospedale San Giovanni di Dio di Cagliari, nella notte tra il 25 ed il 26 gennaio del 1979)”.

Quindi vi è un lungo pappone accademico e la relazione autoptica dalla quale si evince che il decesso avvenne, in parole povere, per infarto.

Ma la stessa relazione sottolinea in più punti la raccapricciante distanza nel tempo dalla consulenza odierna all’epoca dei fatti:
“Come detto, non è stato possibile prendere visione dei tracciati elettrocardiografici, dei referti delle visite specialistiche, degli esami ematologici e radiologici effettuati nei giorni e nelle ore precedenti il decesso”;
“… i tentativi di identificare il medico di guardia della Casa di Cura per ottenere ulteriori informazioni furono vani, non essendo disponibile un registro delle presenze del personale in servizio…“;
“Non è possibile esprimersi sull’ipotesi che le valutazioni ambulatoriali eseguite nel periodo immediatamente precedente al decesso potessero, in qualche modo, consentire una diagnosi più precoce, non essendo disponibili i referti relativi a tali controlli”, quasi a voler stigmatizzare l’impossibilità a dichiarare, a distanza di 36 anni, se quell’uomo sarebbe morto comunque (!).

Non si può non notare che in questi 36 anni sono morti avvocati, medici e giudici interessati a questa triste vicenda: figurarsi se è stato possibile recuperare carte e documentazione dell’epoca (non c’erano i computer).

Il dottor Porcu, conclude così la mesta perizia: “In ogni caso, tenendo conto dei limitatissimi presidi terapeutici disponibili all’epoca, è del tutto improbabile che un eventuale tempestivo riconoscimento della ormai consolidata cardiopatia ischemica… avrebbe garantito un più favorevole andamento, con maggiori chance di sopravvivenza nel medio–‐lungo termine”.

In sostanza, tutti coloro che sono in fin di vita potrebbero essere rispediti a casa dal pronto soccorso perché tanto non ci sarebbe più nulla da fare.

Tommaso Botto

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