Alla fine la montagna ha partorito un topolino maleodorante. Una sentenza tanto contraddittoria e infondata non si vedeva da anni. Sufficiente comunque a far tirare un sospiro di sollievo alla tifoseria della Terna, Rai compresa. La richiesta di sospensiva promossa dai nostri sette Comuni è stata respinta, eppure, nel più perfetto stile farisaico, l’ordinanza del TAR del Lazio ha accolto formalmente l’istanza cautelare, pur nei termini limitati di una fissazione del merito: trattazione fissata a “breve” cioè per il 4 ottobre del 2017.
Ma il fatto paradossale è che assumendo la incredibile, per quanto ipotetica, convinzione “che le opere di completamento dell’elettrodotto non sembrano avere carattere irreversibile” in attesa della decisione del merito i lavori potranno proseguire e al caso essere persino ultimati. Sì, perché è convinzione di quei giudici che l’opera potrà essere tranquillamente smontata, né più e né meno come si fa con il gioco dei lego. A dir ciò li ha confortati l’idea (farina del sacco della Terna!) che “l’elettrodotto è realizzato per circa l’80% della sua estensione e che il tratto interessato dal completamento sembra estendersi per una lunghezza non superiore ad 1 km rispetto ai 39”. A Roma i sembra si sprecano ed in effetti il 20% mancate sui 39 Km in un paese civile farebbero 7,8 km: ma dire che l’Italia sia un paese civile ce ne corre!
Senza poi contare che il tratto mancante risiede in una delle località più delicate e paesaggisticamente importanti della Regione, cioè l’attraversamento degli alvei dell’Isonzo e del Torre. Tratte per le quali il Comitato aveva emesso regolare denuncia, sia nei confronti della Terna, per le adulterate e infedeli rappresentazioni dei luoghi, che verso la Giunta Regionale per l’approvazione delle opere nell’infedele e strumentale uso dei referti pervenuti dai suoi uffici regionali. Procedimenti giurisdizionali che, a quanto risulta, non sono ancora giunti a conclusione.
Ma il fatto che nell’odierna vertenza non deve essere sottaciuto è che per la prima volta la Regione FVG si è costituita nel giudizio accanto alla Terna e contro i suoi Comuni, dopo che in passato aveva intenzionalmente deliberato di non farlo, rimettendosi alla decisione finale della Corte e quindi del Consiglio di Stato. E allora, dopo aver irriso alla sentenza emessa dalla suprema Corte, come se fosse stata incapace di prendere atto della realtà dei fatti, la nostra governante ha passato il Rubicone della appartenenza ai destini della Terna per entrare nel giudizio a pieno titolo e naturalmente all’insegna del più classico dei “Boia chi molla!” e della piena, definitiva responsabilità di danneggiare il territorio regionale, come altrove nessuno si sarebbe sognato di fare.
Insomma, ancora una volta questa nostra terra è abbandonata nelle mani di una classe politica indegna e se non proprio tale, capace solo di abbaiare alla luna, di ravanare nelle faticose nostre lotte per un briciolo di personale visibilità o di disquisire sui costi, mentre qui si tratta di cose ben più serie che afferiscono alla legalità e al rispetto della Costituzione nata dal sangue della Resistenza.
Si tratta non di sterili inviti al risparmio ma di colpire chi ha forzato il percorso decisionale sapendo di farlo in spregio alle norme e alla prassi. E’ Renzi il soggetto da inquisire e con lui tutti coloro che hanno falsificato le carte. Chi ha voglia di colpire nel segno lo faccia ora o mai più.
A noi non rimane che la convinzione e il merito di aver operato sempre nell’esclusivo interesse della collettività, convinti che non è la Terna il nostro nemico, bensì il suo abuso di posizione dominante, quale le viene consentito da una classe politica inetta e servile, in danno alla nostra economia e alla nostra dignità. Quello stesso abuso che oggi si traduce nella sentenza del TAR e che da alla Terna sette mesi di tempo per completare la mostruosa linea elettrica.
A noi non rimane che la via di una azione penale nei confronti di Renzi e nel contempo tenere alto l’onore del Friuli sostenendo, anche economicamente, i nostri sindaci affinché possano adire immediatamente alla impugnazione cautelare al Consiglio di Stato, avverso la odierna vergognosa ordinanza.
Se poi tutto ciò non dovesse bastare, non ci resta che chiedere l’annessione all’Austria, paese civile dove un elettrodotto di ben più modeste proporzioni e di minore lunghezza è stato bocciato dalle locali magistrature a tutela delle qualità ambientali e degli interessi delle popolazioni residenti. Tutto ciò con la massima celerità e senza quei gravami economici che qui il più delle volte si è costretti a sostenere per l’affermazione della legalità e la difesa dei beni comuni, per giunta in opposizione a quelle Amministrazioni che avrebbero il dovere di tutelarli.
Tibaldi Aldevis Comitato per la Vita del Friuli Rurale
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