Il vecchio pensiero

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Termina il 2008, anno intenso, forse difficile, appesantito da crisi economica e stragi terroristiche.

A tanti la vita, soprattutto in questa ultima parte dell’anno, ha dato prova di quanto siamo vulnerabili, fragili, precari. In particolare questo periodo di follia generale sta intaccando le certezze dei più anziani: i più giovani, già addestrati alla precarietà, soprattutto economica, sono già vaccinati contro questo malessere sociale. Ora sono gli over quaranta a saggiare quanto l’esistenza può esser triste e priva di gratificazioni: si accorgono solo ora di ciò che i più giovani hanno constatato, e subito, già da qualche anno.

Le mentalità stanno cambiando nel mondo intero; la Cina è entrata in maniera dirompente nel Mercato Globale ed il risultato, per il principio dei vasi comunicanti e dell’impari rapporto numerico, è questo: i Cinesi sono diventati un po’ più occidentali; noi occidentali siamo divenuti molto più cinesi.

Per cui la nostra società si sta velocemente destrutturando, perdendo gli orari canonici di lavoro e sconvolgendo gli asset tradizionali della famiglia; le garanzie sociali vengono a mancare, la dignità personale, fondata sulla equa retribuzione di un lavoro che dovrebbe essere tendenzialmente gratificante, sta vacillando.

I giovani che lavorano sono spremuti e tartassati, privati di diritti basilari quali il minimo sostentamento in caso di malattia, infortunio e gravidanza. Si vedono decurtati i loro miseri introiti, generati sulla base di volatili contrattini capestro che nessuno condanna perché nessuno controlla, per pagare pesanti quanto fantomatici “contributi” che a null’altro servono se non a pagare le laute pensioni dei vecchi.

Il principio che dovrebbe regolare il tutto si chiama solidarietà sociale: il giovane, prima svezzato e poi istruito, lavora e ripaga la generazione precedente dei tanti sforzi sostenuti per dargli, in teoria, il meglio.

Ma c’è una totale disparità, a questo punto della storia, tra ciò che si dà e ciò che si riceve: lo dimostra il fatto che le nuove famiglie devono ricorrere, per campare, ancora agli aiuti dei genitori, che, in linea teorica, avrebbero già pagato il dovuto.

La miseria, da economica, diviene morale: non ci si può fidare di nessuno, l’egoismo trascende in maniera spietata, esaltando quei pochi che detengono troppo potere.

E chi detiene il potere è comunque e sempre vecchio: l’anagrafe dei nostri governanti lo dimostra, essendo l’età’ media dei deputati e dei senatori di 53,35 anni.

Ed i vertici del potere politico hanno età addirittura imbarazzanti: il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha 83 anni; il Presidente del Consiglio dei Ministri, Silvio Berlusconi, ha 72 anni; i giudici della Corte Costituzionale andavano già a scuola negli anni Trenta… la gerontocrazia romana è sempre d’attualità!

Per quanto queste persone possano essere stimate, intelligenti, operose e dotate, non possono nascondere questa stimmata: sono vecchi e, pertanto, pensano da vecchi.

Ed il vecchio pensiero impera: non basta una e-mail ma si deve inviare il fax, se non addirittura una raccomandata con ricevuta di ritorno; si deve ricorrere al notaio per farsi identificare, anche se il notaio non ci conosce e per “certificarci” legge quel pezzo di carta, facilmente contraffabile, che è la carta d’identità; per pagare tasse e sanzioni pecuniarie bisogna compilare un modulo e consegnarlo, con il denaro, in coda, alla Posta, essendo impraticabile, nei fatti, la via del pagamento telematico; i convegni durano quattro ore, quando si sa che la curva dell’attenzione decade dopo quaranta minuti…

Il vecchio pensiero è ancora tra noi: modi di pensare e di affrontare le cose d’altri tempi, incuranti dei mutati scenari e, soprattutto, dei tempi velocissimi di evoluzione tecnologica in un contesto competitivo mondiale che ci ha fatto divenire tutti cinesi.

Viva i neonati!

Tommaso Botto

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