Le saline di Trapani, tra storia, industria ed ecosistema. I grani saporiti (che sanno di mare) raccolti come un tempo.
Pianura liquida, dalle sottili soglie simboliche che separano dal Mare Africano, come è stata definita da Ferdinand Braudel, splendente come certi prati visti da lontano e un po’ meno gradevoli osservati da vicino, percorrendo la strada provinciale che da Trapani arriva a Marsala, si riscopre, se non proprio “la colomba bianca” vista dal geografo arabo Ibn ‘Gubaÿr, il grande sistema delle saline trapanesi rimasto quasi intatto dall’epoca delle descrizioni dei grandi viaggiatori.
I primi interventi concreti di recupero ambientale successivi all’istituzione della Riserva Naturale Orientata delle saline di Isole dello Stagnone e Trapani-Paceco, con decreto della Regione Siciliana rispettivamente il 4 luglio 1884 e l’11 maggio 1985, sono stati finanziati dal programma comunitario LIFE Natura per 413.400 euro e l’impegno della Provincia di Trapani e dei comuni interessati per contributi pari a £ 1.086.855.060. Minore è l’intervento economico destinato a mantenere in sito la peculiare attività produttiva e i resti protoindustriali che segnano il paesaggio.
Centinaia di ettari di acqua razionalizzata, probabilmente la più grande industria ecocompatibile d’Italia, che hanno resistito all’incuria degli uomini, alla speculazione edilizia e alle crisi economiche ricorrenti.
La storia del sale ieri e quella del petrolio oggi, sono legate da una stretta parentela: stessa universalità d’uso, stessa disparità nella ripartizione geografica delle risorse accessibili, stesse tensioni tra paesi produttori e consumatori e, di conseguenza, stesse tentazioni politiche ed economiche. Tuttavia fra questi due prodotti salta agli occhi una differenza che è la stessa che distingue la civiltà industriale dai secoli che l’hanno preceduta.
Il petrolio è fonte d’energia, che è la principale preoccupazione economica dei nostri tempi, il sale era una risorsa alimentare per un mondo che si preoccupava prima di ogni cosa, di mangiare secondo la propria fame.
La storia contemporanea ha dunque estromesso il sale almeno come strumento di potere e di benessere economico. La storia del sale è dunque compiuta, ma ancora presente in filigrana.
Inutile quindi ripercorrere le sue innumerevoli vicende: dall’utilizzazione nella liturgia all’uso, invalso, fin dal primo secolo della nostra era, quando il soldo del guerriero era versato in razioni di sale e da qui salarium. Fino alle innumerevoli applicazioni nell’ambito domestico, nella medicina, in zootecnia o in agricoltura.
Più interessante, specie per lo scopo che vogliamo raggiungere, evidenziare i sistemi di produzione (estrazione) e l’utilizzazione arcaica come agente per la conservazione.
Nelle saline all’aperto, che coprono circa il 30 per cento della produzione mondiale, sono in uso procedimenti di estrazione che dal periodo neolitico alla rivoluzione industriale sono andati via via perfezionandosi.
L’evaporazione dell’acqua di mare in bacini naturali o artificiali è il più antico procedimento conosciuto dall’uomo ed è ancora praticato con la stessa dinamica, le stesse attenzioni, gli stessi gesti e lungo le medesime coste. Semplicità non significa certo facilità, non a caso Pitagora sosteneva “il sale nasce dai genitori più puri: il sole e il mare” infatti l’elemento primordiale di questo ecosistema è l’acqua marina e le principali fonti sono il sole e il vento.
Il ciclo di lavorazione inizia nella terza decade di marzo con opere di manutenzione e pulizia delle vasche e continuando fino alle soglie dell’autunno quando termina l’ultima raccolta, in genere la terza in settembre. Nel meccanismo produttivo l’acqua marina è introdotta in una serie di vasche in modo da subire graduali aumenti di densità e fare precipitare, in momenti predeterminati, gli elementi chimici presenti nell’acqua.
Con il sistema alla “trapanese”, l’acqua entra nell’invaso più grande della salina (vasche fredde) con profondità dai 100 ai 150 cm, per poi travasarsi in vasi più piccoli (vasi coltivi), per essere immessa, al momento opportuno dell’evaporazione, nel settore prefinale (vasche ruffiane) e infine, raggiunto il punto di maturazione, nelle vasche terminali (vasche calde), dove raggiunge la temperatura di 24/26 gradi Baumé. Le vie di comunicazione consistono in canali che un tempo raggiungevano la città e il suo porto. Rimangono ancora presenti alcuni tratti di binari realizzati ad inizio ottocento per il trasporto in decauville.
La procedura della raccolta è pressoché rimasta immutata nel tempo, dopo aver estratto dalle vasche i residui liquidi con una pompa a coclea, si procede alla rottura della superficie compatta con uno speciale battitore che, grazie alla struttura cristallina del sale lo frantuma in piccoli grani.
Con una pala dalla particolare foggia usata con movimento rotante, il sale è raccolto in cumuli tra loro simmetrici e infine trasportato e conservato, in foggia piramidale sotto coppi di argilla, sulle larghe dighe che delimitano la salina.
Questo procedimento lavorativo è rimasto apparentemente immutato attraverso i secoli anche se alcune innovazioni industriali hanno contribuito alla trasformazione del paesaggio e a perfezionamenti del ciclo produttivo. All’inizio del XIX secolo l’introduzione del mulino a vento di tipo olandese a cura del barone Fardella-Staiti, sostituì la coclea azionata manualmente per il sollevamento delle acque e facilitò la macinazione del raccolto.
Nei primi del XX sec. si diffuse il mulino chiamato all’americana che presentava maggiori facilità manutentive per via dell’autonomo orientamento ai venti.
Oggi questi elementi costituiscono i reperti di peculiarità del paesaggio, il loro compito è assolto da pompe meccaniche e le lunghe file degli operai stagionali che raccoglievano il sale sono sostituiti da nastri trasportatori e pale meccaniche, la cantilena del signaturi (1) che marcava sul suo bastoncino forato le salme (2) di sale estratte, è divenuta archeologia etno-antropologica.
Vito Maria Mancuso
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Note
1.Operaio addetto alla contabilità delle unità di sale trasportato.
2.Unità di misura del sale corrispondente a 24 ceste o a 12 carriole in fase di raccolta.
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