E’ dal 52 a.C. (Julium Carnicum…) che spendono soldi per le Terme di Arta…
Dal 2003, il comune di Arta Terme (UD) ha speso oltre 11 milioni di euro per la “fonte Pudia” (acque sulfurea dal caratteristico odore di uova marce), ossia per lavori di adeguamento ed ampliamento delle meglio note “Terme di Arta”.
Il 17 Marzo scorso, è andata deserta la gara d’appalto per l’affidamento in gestione (affitto d’azienda) dello stabilimento termale di Arta Terme.
Eppure, a fronte di questi investimenti plurimilionari, il Comune di Arta ‘chiedeva’ solo 765.000,00 € d’affitto per 9 anni.
Storia travagliata e costosissima quella delle Terme di Arta: il 14 Aprile 2013 riaprivano con una nuova gestione affidata per 18 anni, tramite gara, alla Casa di Cura Città di Udine spa. “Dopo una serie di gestioni provvisorie il polo termale ha finalmente raggiunto l’auspicata stabilità”, raccontava l’allora assessore regionale Federica Seganti -assieme all’ l’AD della Città di Udine, Claudio Riccobon, il primo cittadino di Arta, Marlino Peresson, e Aurelia Bubisutti, del Consorzio Carnia Welcome -,sottolineando “i forti investimenti, che beneficiano tra l’altro di finanziamenti europei per 1,4 milioni di euro”.
Anziché i 18 anni previsti, il “Città di Udine” ha levato le tende a gennaio 2016, nemmeno tre anni…
Continuiamo a scavare tra i contributi a pioggia…
Il predecessore della Seganti, Luca Ciriani, aveva approvato, pochi mesi prima dell’ingresso in giunta della sua affascinante collega, un altro finanziamento per il completamento dello Stabilimento termale: la Regione infatti– nell’ambito della programmazione dei fondi europei Obiettivo 2 2000-2006 – aveva ammesso a finanziamento l’importo di 204 mila euro, di cui 42.840 euro sono a carico del Comune di Arta Terme a titolo di cofinanziamento.
Ma, si scopre, è dal 52 a.C., quando gli antichi Romani iniziarono ad utilizzare questa fonte, che lo stabilimento va “completato”.
Briciole infatti, ‘quelle’ di Ciriani, rispetto a quel che venne speso ancor prima.
Il 4 Dicembre 2008, infatti, il presidente regionale Renzo Tondo, da poco subentrato a Riccardo Illy, ricevette, in un gelido pomeriggio, il ministro per le Politiche comunitarie Andrea Ronchi proprio nel rinnovato centro termale di Arta Terme (Ud), completamente recuperato grazie a fondi europei Obiettivo 2, dove sono vennero accolti dal consigliere regionale Luigi Cacitti, dal presidente del Cosint (Consorzio per lo sviluppo industriale di Tolmezzo), Gianni Somma, e dal sindaco di Arta Terme, Marlino Peresson.
Faceva talmente freddo che il ministro, probabilmente ignaro, balbettava durante il solito discorso di circostanza, con il suo giacchettino leggero: le terme, infatti, erano spente! Niente acqua, niente riscaldamento, se non il fumoso alito degli astanti. Fu da ridere, anche se la storia è da piangere.
“Questo è un perfetto esempio di risorse ben spese, un modello di Impresa e Sviluppo da prendere come riferimento”, affermò il ministro, sottolineando le forti ricadute positive sul territorio in termini di lavoro e di presenze turistiche. “Oggi – aggiunse – riconosciamo il coraggio di coloro i quali hanno osato e rischiato, credendo nelle potenzialità della propria terra”.
Infatti, han speso 11 milioni di euro (ma sono ben di più), con consistente fetta di contributi europei, è non han trovato un affittuario per soli 765.000,00 € d’affitto per 9 anni.
Addirittura, questo investimento a sette zeri (!) viene annoverato dal sito della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia ( http://www.regione.fvg.it/obiettivo2/txt-buonepratiche.htm ) nelle “Buone Pratiche” di gestione dei fondi europei.
E così via… Messaggi subliminali.
Ulteriore conferma che i Fondi europei sono una farsa e che gli amministratori pubblici sono totalmente inadatti a gestire somme di denaro.
Alla voce “LEADER PLUS _ Obiettivo 2. Azione 4.3.1 ‘Realizzazione e miglioramento di infrastrutture e strutture finalizzate allo sviluppo turistico’” scopriamo tanti altri soldini elargiti a queste ‘benedette’ terme: “Costo totale: € 5.926.206,74 – Contributo Docup: € 4.681.703,32 (di cui FESR € 1.777.862,02)”
Ma adesso chi gestisce le Terme di Arta?
La Regione Autonoma (fa quello che vuole, è autonoma) ha prorogato l’autorizzazione concessa a PromoTurismoFVG per la gestione in comodato dello stabilimento termale di Arta Terme. Il nuovo termine (è in scadenza il precedente del 31 Marzo) scadrà non appena verrà individuato il nuovo soggetto a cui affidare la conduzione dello stabilimento e, in ogni caso, non oltre il 30 settembre 2016 (si accettano scommesse…).
Quindi, la bolletta energetica la paga la Regione (tanto per cambiare) tramite Promotur (che ha assorbito TursimoFVG sotto il cappello PromoturismoFVG e che dovrebbe occuparsi di sci).
Promotur aveva già gestito in passato le terme (tanto Promotur è in rosso di default).
E il ‘nuovo’ assessore’, Sergio Bolzonello vice di Debora Serracchiani, cosa ne pensa?
Come i suoi predecessori: “Le terme d’Arta rappresentano un punto di riferimento qualificato tanto per il turismo invernale che per quello estivo nella zona della montagna friulana”. Infatti, s’è visto, la gara è andata deserta: appetibilità economica nulla?
Bolzonello lo sa (lo sa?) ma dichiara che: “… anche alla luce del fatto che è stato riscontrato un generale apprezzamento per la struttura come dimostra il numero di presenze registrate sino ad ora”.
Ma qual è il difetto delle Terme di Arta?
È struggentemente semplice: sono fuori mano e… non si tratta di terme.
L’acqua Pudia delle Terme di Arta sgorga dalla sorgente alla temperatura di 9°C ed è classificata come acqua minerale solfato-calcico-magnesiaco-solfurea.
La si può certamente bere ma per farci il bagnetto, serve scaldarla: immaginate il costo, datosi che la struttura termale, composta di tre edifici, giace in una conca ombrosa ai piedi di imponenti, gelidi e ripidi rilievi alpini…
Una bolletta energetica, quindi, colossale, inaffrontabile.
E qui, ci scappa un altro ‘conticino’ per la comunità regionale, nazionale e comunitaria.
Nel 2008 venne avviato l’ Impianto di cogenerazione a biomassa di Arta Terme!
Costo complessivo: oltre 8milioni 300mila euro! La Comunità Montana della Carnia ha finanziato il 21% dei costi complessivi.
Al resto ha pensato Mamma Regione e il programma europeo “Complemento di Programmazione relativo al Docup Obiettivo 2 2000-2006, azione 3.1.2: ‘Valorizzazione delle fonti energetiche rinnovabili’”.
Il problema, con i fondi europei, non è trovare i soldi: è trovare un titolo.
Una volta che han trovato il titolo, li spendono.
Il tutto per la costruzione di una centrale di produzione energetica in grado di utilizzare fonti alternative e pulite come la corteccia degli alberi e il materiale proveniente dalla pulizia dei boschi e dagli scarti delle lavorazioni industriali nel settore del legno (per il 10%, alla coproduzione di energia elettrica e, per il 90%, alla produzione di acqua calda per il teleriscaldamento a beneficio soprattutto delle vicine ‘Terme’). E l’humus del sottobosco? Nessuno ci pensa…
Centrale gestita da chi?
Da ESCO Montagna FVG S.p.A. società a capitale interamente pubblico, di cui la Comunità Montana della Carnia detiene la maggioranza delle quote, cui hanno aderito anche la Comunità Montana del Gemonese, Val Canale e Canal del Ferro e 30 Comuni della montagna friulana.
Ha come finalità la promozione del risparmio energetico e l’uso razionale dell’energia e attualmente gestisce, in concessione, sei impianti di teleriscaldamento a biomassa della Comunità Montana della Carnia…
E’ sempre, insomma, la collettività a pagare.