Viaggio-inchiesta nell’ospedale sloveno dove dovrebbero partorire le donne goriziane, tra parcheggi, indicazioni incomprensibili e equivoci transfrontalieri tutti europei…
Chi ha avuto l’idea di chiudere il punto nascite di Gorizia e pretendere di far partorire donne italiane in Slovenia non ha considerato di certo l’aspetto linguistico, oltre ad altre problematiche che la pensata panslavista ed europeista ad oltranza ha saltato a piè pari.
Italiano e Sloveno sono due lingue estremamente differenti, ognuna egualmente difficile per le etnie rispettivamente “di là dal confine”.
Ora: immaginatevi di oltrepassare il confine goriziano, simulando un parto, seguendo quel cartello con una grande “H” che internazionalmente identifica l’Ospedale.
Una manciata di chilometri, qualche incrocio con una segnaletica orizzontale differente dalla ‘nostra’ (l’Europa non è riuscita a uniformare nemmeno le strisce…) e in una decina di minuti dall’ospedale di Gorizia, evitando di sbattere addosso ad un camion per un ambiguo sistema di precedenza in una sorta di rotonda allungata, (ah, l’Europa..!), ci si imbatte in quello di Sempeter, frazione di Nova Gorica, la ‘Gorizia’ slovena.
C’è una rampa per l’ingresso principale ma una tabella vieta vigorosamente (almeno è l’impressione che danno i simboli) di risalirla con l’auto, probabilmente è riservata alle ambulanze ed è molto stretta.
Allora si entra nel parcheggio principale: piccolissimo e pieno di auto. Più in là, sulla destra, s’intravvede un parcheggio ancora più lontano. A qualche centinaio di metri, sulla sinistra, c’è invece un distributore di benzina: “E’ questo l’unico ospedale?”, si chiede agli addetti alla pompa; “Si, o Postojna o Lubiana”, rispondono gentilmente; “Come si entra?”; “Trovare parcheggio..!”.
Ci si accorge che il parcheggio è effettivamente un problema: pochi posti, tutti occupati.
Trovando un parcheggio si tratta comunque di fare cento metri a piedi, molti dei quali in salita, per entrare nel nosocomio sloveno: una bella sfacchinata per una partoriente.
Magari un ingresso preferenziale per le donne in travaglio c’è ma né qui, né dentro il grande ospedale si riesce a capirlo.
All’interno le tabelle sono, ovviamente, tutte in sloveno.
Si capisce solo che il numero telefonico del pronto soccorso è il “112” (scordatevi il 118, ah… l’Europa!) e qui un’altra meraviglia europeista sorprende per la sua perversione: praticamente sul confine, il telefono non è ancora in roaming con l’operatore sloveno, è sempre Vodafone italiano e, quant’è bella l’Europa!, per dettagliare questa piccola inchiesta, lo si compone e, ovviamente, rispondono i Carabinieri di Gorizia (il 112), non certo l’ospedale di Sempeter dove ci si trova.
Accadrà, sicuramente, anche a Gorizia, nell’ipotesi di contattare i sanitari sloveni per avvisare dell’imminente travaglio.
Provare a chiedere, perché no?
Un poliziotto guarda male l’interlocutore italiano che gli chiede in italiano (perché nessun italiano è obbligato ad avere i servizi essenziali in una lingua differente da quella italiana) dove si partoriscono i bambini. Il suo sguardo diviene ambiguo, quasi minaccioso, quando l’italiano mima il parto, disegnandosi una grossa pancia addosso…
Prova in inglese con un banale “Pregnant women…” e l’incomunicabilità è verificata: l’uomo in divisa non capisce nulla.
La fantasia suggerisce allora un simpatico quadretto in cui la partoriente italiana, evidentemente incinta, viene riconosciuta come “in travaglio”: si contrae, si lamenta, echeggia gridolini…
Ma poi, portata in sala parto, in che lingua comunicherebbe?
Gli sloveni assumerebbero, per 1.200 euro pattuiti con la Regione Friuli Venezia Giulia per qualsiasi tipo di parto (naturale, cesareo, con la ventosa etc.), un interprete, h24, in sala parto?
Esperimenti, con finalità di réclame, a spese dei contribuenti italiani: questo in sintesi sono queste iniziative di fantapolitica pan-europea. In verità, l’edulcorata cooperazione transfrontaliera è solo sulla carta.
Almeno il diesel costa 30 centesimi di meno che non in Italia e si approfitta per un rifornimento in barba all’accisa italiana (ah l’Europa!)…
Tommaso Botto
– Pubblicato il: 12 ottobre 2014 @ 20:13 –
8 commenti
Gianni says:
Ott 12, 2014
Esperimenti, con finalità di réclame, a spese dei contribuenti italiani?
Sicuramente!
Tanto loro prendono decisioni sulla nostra pelle (o non le prendono vedasi Genova) e poi non vengono mai chiamati a risponderne.
Viva l’Italia.
Giorgio Zanutta says:
Ott 13, 2014
Si, ma poi a livello giuridico come siano? Che tipi di problemi possono incontrare i nati lì? Si devono portare dietro la presidente a garanzia?
Mitja Primosig says:
Ott 13, 2014
mamma mia che accozzaglia di luoghi comuni e ottusità.
1. “la pensata panslavista”: cosa significa, cosa vuoi dire? che gli sloveni vogliono annettere le partorienti goriziane? cosa centra il panslavismo esattamente?
2. Chi di preciso “PRETENDE” che le donne italiane partoriscano in Slovenia?
3. “probabilmente sono più gli Sloveni che parlano italiano che non il contrario” togli pure il probabilmente. Di italiani che parlano sloveno ce ne sono davvero davvero pochi, ma questo cosa centra?
4. “Magari un ingresso preferenziale per le donne in travaglio c’è ma né qui, né dentro il grande ospedale si riesce a capirlo” – in genere uno ha nove mesi di tempo per andare a vedere dove andrà a partorire (oltre che per imparare, si sa mai, frasi difficilissime quali “imam popadke”), o in ospedale ci vai solo dopo che si sono rotte le acque?
5. chiami il 112 con la rete italiana e ti rispondono i carabinieri: mai sentito parlare di prefissi internazionali? il motivo del perché avresti bisogno di chiamare il pronto soccorso sloveno da davanti l’ospedale resta comunque un mistero;
6. “Un poliziotto guarda male l’interlocutore italiano che gli chiede in italiano (perché nessun italiano è obbligato ad avere i servizi essenziali in una lingua differente da quella italiana)” quindi siccome le donne italiane POSSONO partorire a Sempeter i poliziotti sloveni DEVONO conoscere l’italiano, non fa una piega. Mi sembra comunque molto strano che un poliziotto sloveno non parli né l’italiano né l’inglese, dovrei vederlo per crederci, o sentire il tuo inglese. Lo stesso vale per i medici e le infermiere in sala parto, per i quali presumi che non parlino italiano, ma non sei andato a controllare (ma come, era la cosa più importante!).
In sostanza l’articolo sembra scritto con l’intenzione di confermare le tue convinzioni assunte prima e col preciso fine di screditare quello che non è altro se non un gesto di apertura da parte delle istituzioni slovene, sempre interessate alla cooperazione con Gorizia e quasi mai corrisposte.
Da ultimo, riguardo ai famosi 1.200 per parto: quanto costava ai contribuenti un parto a Gorizia? ah, questo non è un dato importante, vero?
Tommaso Botto says:
Ott 14, 2014
per Mitja Primosig: luoghi comuni e ottusità?
Provare per credere: immagini la situazione di un parto anticipato, di una partoriente che si trova a Gorizia (Italia) e che “si sente pronta”. Nemmeno si capisce dov’è la sala parto: tutto qui. Quindi va a Monfalcone, perché sono momenti in cui proprio gli esperimenti sono l’ultima cosa che uno cerca, tanto meno esami di lingue straniere. Ma forse questo dato di fatto urta le sue presunzioni. Riguardo allo ‘sconto’ sloveno, è un’argomentazione patetica. Saluti.
Mitja Primosig says:
Ott 14, 2014
Sconto? Chi ha mai parlato di sconto? Perché non ha scritto quanto costava un parto a Gorizia? Perché non è andato a chiedere se parlano italiano in reparto, che era la cosa più importante? O ci è andato, ma la risposta non andava bene per l’articolo? Se una partoriente ha un parto di emergenza va in reparto o all’entrata del pronto soccorso? Neanche quello è riuscito a trovare? Mi aspetto che non risponda alle mie domande per l’imbarazzo, come evidentemente per l’imbarazzo non ha risposto alle precedenti.
Tommaso Botto says:
Ott 14, 2014
per Mitja Primosig: Imbarazzo?
Stimare il costo di un parto è assurdo: nei reparti di ostetricia italiani valutano dai 5mila agli 8mila euro il costo dell’intera gravidanza, senza compicazioni particolari; il parto in sé ha mille variabili, il forfait di 1.200€ (fisiologico, epidurale, cesareo, “ventosa”) sinceramente mi spaventa. Come molte partorienti della sua città sono spaventate da questa iniziativa e non hanno alcuna intenzione di sperimentare sulla loro pelle e le loro ‘pance’ questa iniziativa che sa solo di bieca politica. Le stesse donne che mi segnalano che, ad esempio, gli stessi sloveni preferiscono -ignoro i dettagli, magari lei che è sloveno ce li può spiegare- il parto a Postumia (lo scrivo in italiano, posso? o violo le leggi sulle minoranze?) piuttosto che a Sempeter.
Un parto, come la gravidanza, non è una malattia: i miei figli, ad esempio, sono nati tutti in anticipo rispetto al “tempo” e non siamo mai andati al pronto soccorso. Si vede che lei, come chi ha disegnato questa riforma incredibile, non ha molta dimestichezza con gravidanze e parti che, vivaddio, vanno naturalmente gestiti con una fondamentale cautela, la serenità della partoriente. Qui non si tratta di farsi una mangiata in una Gostilna ma di mettere al mondo un bambino. Saluti
SAX says:
Ott 14, 2014
..aggiungo che in Slovenia i pannolini costano di meno: quindi, partorite a Monfalcone o a Udine ma fate spese a NovaGoriza
vitruvio says:
Ott 17, 2014
bisogna fare una class action contro la serracchiani: http://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2014/09/21/news/bimba-di-sagrado-nata-a-empeter-e-apolide-1.9971476