CLANDESTINI SBARCANO E PRENDONO L’AUTOBUS

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Con buona pace di quelli della Carta di Roma, in Sicilia i ‘migranti’ vengono definiti unicamente “clandestini”: un pragmatismo linguistico che non lascia dubbi, né spazio a buonismi lessicali più o meno opinabili.
Qualcheduno, sull’isola di Favignana (Tp), utilizza l’atavico “Turchi”, identificando così quegli irregolari di pelle nera.
Ma arrivano i clandestini (profughi, migranti, irregolari, richiedenti asilo che dir si voglia) sull’isola di Favignana?
Incredibilmente, si.

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La stampa tradizionale non ne dà quasi mai notizia ma a piccoli gruppetti, ogni tanto sbarcano anche alle Egadi.
Quest’Estate, nonostante le isole Egadi siano fuori rotta, almeno un paio di gruppetti (cinque e sette individui) hanno preso terra, con imbarcazioni di fortuna, sul litorale del Burrone e dei Calamoni.
Come è misterioso il silenzio stampa su tali eventi, altrettanto misteriose sono le modalità d’arrivo di questi gruppi di disperati (a meno che non si tratti di delinquenti o terroristi sotto mentite spoglie).
Uomini di mare ci raccontano che Capo Bonno (in arabo: كاب بون ), penisola all’estremità settentrionale della Tunisia, è a volte visibile dal Castello di Santa Caterina, a Favignana, e, sicuramente, dalla vetta di Erice (Trapani): un centinaio di miglia nautiche non sono quindi una difficile traversata, se le condizioni meteomarine, ovviamente, la consentono, con la complicità, ci confidano, di motopescherecci tunisini che trainano questi gusci del mare, a pagamento, fino al mare prospiciente Mazara del Vallo.

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È probabilmente da queste zone che è partito quel gruppetto di sette uomini che è sbarcato a fine Luglio nel tardo pomeriggio d’un Lunedì, in mezzo ai turisti, scendendo da un gommone malconcio al Burrone di Favignana, più o meno dove è transitato la settimana scorsa, a bordo del suo Yacht, il Ministro degli Interni Angelino Alfano…
I clandestini si sono indirizzati sulla strada costiera e, addirittura, sarebbero saliti sull’autobus di linea (“Con cinquanta euro in mano per fare il biglietto”): l’autobus, su indicazioni, per interposta persona, dei Carabinieri, avrebbe allora dovuto cambiare strada e, con turisti e favignanesi a bordo, dirigersi verso la locale stazione dell’Arma.
Molti si sarebbero lamentati di questo dirottamento, caratterizzato anche dalla potenziale pericolosità di questi sconosciuti e dalla precarietà igienico-sanitaria della situazione.
Questo è quanto ci hanno raccontato, più testimoni.

Inoltre, durante il tragitto, due di queste persone sarebbero scappate creando un certo trambusto che ha dato poi origine ad una caccia all’uomo serale, coordinata da un elicottero che, effettivamente, si è fatto notare a lungo a sorvolare una determinata zona dell’isola, all’ora di cena.
Ma, come detto, di questi sbarchi non trapela mai alcuna notizia (ogni anno ci sono piccoli sbarchi) né, tanto meno, un resoconto dettagliato delle autorità.
Autorità (Carabinieri, Guardia di Finanza, Guardia Costiera, Polizia Comunale, Area Marina Protetta, Polizia Penitenziaria, etc. è un proliferare di autorità…) che, comprensibilmente, si trovano ad affrontare diversi problemi.

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Il primo consiste nell’assoluta impreparazione a ricevere questo tipo di ‘visite’: il piano d’accoglienza proprio non c’è. Se arrivano, sbarcano, li prendono, con i taxi o l’autobus, e vedono di spedirli al più presto a Trapani.
Il secondo problema, trattandosi di una località turistica, sta nella necessità di non farlo sapere all’opinione pubblica: ma vi assicuriamo che si tratta di casi isolati e che a Favignana non vedrete mai quegli ‘spettacoli’ ai quali ci stiamo abituando nelle città del Nord Italia…
Il terzo… sollevarsi dall’imbarazzo di spiegare come fanno queste piccole imbarcazioni ad attraversare il canale di Sicilia, a percorrere tutta la costa occidentale siciliana e a raggiungere le Isole Egadi, con tutta la nostra Marina Militare alle prese con il pattugliamento di questa zona del Mediterraneo, gli stormi di ‘caccia’ del vicinissimo aeroporto di Birgi che sorvolano continuamente il mare ed i riposini dei villeggianti, stante anche la guerra in corso in Libia, e, come se non bastasse, la stazione radar della Marina Militare, proprio a Favignana a Punta Sottile.

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Misteri siculi ai quali proprio non possiamo dare risposta e che la dicono lunga sui dati ufficiali di questo esodo di massa dall’Africa.
Ma qualche indizio, minuziosamente raccolto tra marittimi, pescatori, militari etc. ci viene in aiuto.
Il traino dei pescherecci tunisini riuscirebbe a mascherare le traversate, approfittando dell’ombra radar delle barche più grandi.
I satelliti… costano: i militari in Afghanistan ne sanno qualcosa.
Le imbarcazioni sequestrate recano iscrizioni in arabo: alcune, ci dice un docente francese, sono chiaramente tunisine, quindi la rotta tunisina è confermata. Ma altre, ci piega, parrebbero di matrice libica: e la Libia, assolutamente, non è vicinissima.

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Il mistero così s’infittisce ed il pensiero va a quanti sventurati non sono riusciti a concludere questo viaggio terribile, fatto di freddo, di caldo, di sete, di paura.
Un altro aneddoto, poi, avvalora le tesi della locale impreparazione ad accogliere questi sbandati e pone l’accento su ulteriori costi, sia economici che ambientali, che questa triste ed annosa vicenda, mal affrontata dalla politica e dall’Europa, fa affrontare alla collettività.
I disperati fanno la traversata a bordo di bagnarole capaci, in pratica, solo di galleggiare: navigano a stento, con cinque persone, ad esempio, stipate su un piccolo scalcinato gommone, riempito di taniche di benzina che alimentano una piccola elica che, forse, riesce a spingere queste barchette con la corrente.
Subentra quindi l’aspetto legale della faccenda: quando sbarcano, la prassi burocratica è di sottoporre i natanti a sequestro giudiziario.
Essi vengono quindi affidati a chiunque abbia un porticciolo, una marina, un cantiere navale per la loro custodia: effettuato l’alaggio (che ha costi certi), le imbarcazioni vengono accatastate a riva, una sull’altra, con i loro motori ed i loro liquidi, come carburante e lubrificanti.
E qui, purtroppo, giacciono a secco per anni!

C’è chi si lamenta di tutto ciò, soprattutto lo sventurato imprenditore che si vede soffiare preziosi posti barca, orripilare i propri luoghi con carrette sgangherate, per anni, sapendo che non vedrà mai un soldo (2,5 euro al giorno è la tariffa standard).
E fino a quando giacciono lì questi relitti inquinanti?
Sinché la collettività non si farà carico d’una ulteriore spesa: quella dell’affidamento ad una ditta specializzata, dello smaltimento del rifiuto speciale in cui si è trasformata, negli anni, l’africana imbarcazione.
Ditta che, nel caso di una piccola isola, dovrà venire dalla terraferma.

Un’ ulteriore spesa a carico di chi già paga la Marina, i ‘caccia’, i radar e gli stipendi delle autorità tutte al completo, Ministro Alfano compreso.

 

Tommaso Botto

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