Tra Bibione e Brussa di Caorle, coccolata dal mare da un lato e dalla laguna dall’altro, s’allunga la piccola penisola di Bibione Pineda, con le sue spiagge, l’aria pulita ed un piccolo ma dignitoso porto.
Il toponimo non dà adito ad equivoci: l’habitat è verde, coperto in buona parte da un bosco di pini marittimi e conserva la sua identità veneta.
La “Pineda”, come altri giacimenti di legname dell’Alto Adriatico, veniva utilizzata dalla Serenissima per costruire la propria flotta; brevi ricerche suggeriscono che i Veneziani, addirittura, plantumassero le loro coste, creando così estese pinete sul mare. Sfruttate ma mai depredate.
Dagli anni Cinquanta questo lembo di terra è stato popolato, con l’avvio dei primi insediamenti recettivi: un albergo e qualche bungalow; poi sono venute le prime ville ed ai pionieri germanici ed austriaci si sono aggiunti i primi italiani, soprattutto veneti, che hanno avviato la potente macchina turistica che, negli anni, ha mangiato ettari ed ettari di bosco, ammassando recidences e condomini l’un sull’altro.
Pineda è situata alle propaggini settentrionali della provincia di Venezia ma prossima al Friuli e molto ben frequentata da turisti ed operatori turistici provenienti dalla vicina regione. D’altronde Lignano Sabbiadoro è vicinissima per cui, la “scuola” è quella, purtroppo.
Vi è un programma urbanistico Piruea (progetto urbanistico e ambientale), approvato alla mezzanotte dell’ultimo giorno utile (28 Febbraio 2005) dalla giunta del comune di San Michele al Tagliamento, che prevede la costruzione di tre condomini per 75.000 metri cubi, una torre albergo di 30 piani, per altri 30.000, un ponte tra Capalonga e Terzo Bacino.
Tanti milioni di euro e la decapitazione definitiva di quello che, sino a pochi anni fa, era considerato un paradiso. Ci sono ancora gli scoiattoli.
In attesa della realizzazione dei grandi progetti, si sono rilasciate autorizzazioni per i “piccoli” lavori a corollario; l’inverno passato l’area prato-boschiva a ridosso della spiaggia ex-comunale, tra i due storici campeggi di Pineda, non è stata violentata: è stata dilaniata.
La ruspa ha ampliato il Park Hotel, oramai diroccato e in semiabbandono, su di una superficie di circa 5700 metri quadri: per una profondità di 5 metri è stata asportata la sabbia, con gli alberi, le piante e gli scoiattoli che ci stavano sopra. A tempo di record, con un freddo cane, purché non ci fosse nessuno a guardare. Qualcuno c’era e aveva anche il windsurf…
Ambientalisti, Capitaneria di porto e TAR del Veneto hanno subito fatto interrompere i lavori: a chiunque il cantiere parrebbe sproporzionato e la diffida è partita.
La proprietà del Park Hotel si candifica e sottolinea che la costruzione prevede un’arena e parcheggi ad uso pubblico… che filantropia!
I turisti hanno passeggiato tutta la stagione ammirando lo sfacelo; la gru gialla, alta e potente, è lì che svetta; la pompa borbotta, eliminando l’acqua che si accumula nella fossa, già cementificata e armata di pesanti ferraglie; si vede da terra, si vede dal mare, si vede dalla spiaggia… uno schifo in costruzione.
Termina la stagione e il Consiglio di Stato, dopo mille polemiche e l’aggravante del trasporto abusivo di sabbia a Lignano, quindi fuori regione, promuove l’investimento sostenuto, ossia il vil denaro, e fa riprendere i lavori; il pomeriggio stesso, al crepuscolo autunnale, in totale assenza di turisti, tre individui visitano il cantiere; purtroppo per loro c’è sempre qualcuno, in giro, con il windsurf.
Affannati e guardinghi ne escono, appoggiano le mappe sul cofano di due auto modeste e uno fa:
“Go de rivar fin al secondo livelo?..”; risposta, “ma si! xe facile.. ma presto! Te ga de far presto!”; e l’altro ripete tre volte: “che cantier de merda!” e bestemmia, con voce impaurita, ansiosa e pentita, contro dio e la madonna.
Pineda.. o cemenda?